Nota dell'autore: Ho scritto questo articolo per il blog del portale www.cibando.com. Cibando è un applicativo Social Media Tourist grazie al quale migliaia di utenti scelgono dove andare a mangiare direttamente dal proprio iPhone o iPad selezionanando sulla mappa la zona in cui si trovano e consultando le informazioni sui diversi locali.
“Ehi Giordana, senti … so che lavori con i computer … con internet … ma è vero che ci posso entrare anch’io con il mio ristorante e farmi pubblicità?”
Certo per fortuna ormai pochi sono come “Zio Peppe” sotto casa mia ma questa domanda, dopo avermi intimamente divertita, mi ha spinto a riflettere su come, ancora, molte realtà commerciali non abbiano afferrato l’importanza della rete come strumento per accrescere il proprio business ed in particolare su come, ancora, una buona parte del settore dei ristoratori sia completamente all’oscuro dei social media turistici e dunque del Social Web in generale.
Cercherò dunque, con questo articolo, di stimolare interesse e curiosità verso chi ancora non sfrutta le grandi potenzialità che il web 2.0 mette a disposizione.
E comincio con un’esortazione/provocazione verso i ristoratori:
“non avere paura della concorrenza reale ma proteggiti subito da quella virtuale” ossia tradotto in parole più chiare e comprensibili “non avere paura del nuovo ristorante che ha aperto la sua attività
vicino alla tua, ma di quello che ha capito cos’è il Social Web”.
Ma andiamo per gradi e con parole semplici per i non addetti al settore.
Prima del Social Web c’era solo il Web: “stare in rete” voleva dire semplicemente avere un sito internet, e questo passo bene o male è stato capito e compiuto se non da tutti, sicuramente da molti.
Ma presto, soddisfatta la prima esigenza dell’esserci, in molti si sono accorti che l’essere trovati – fondamentale per il proprio business – è ben altra questione. Ed allora, chi ha afferrato questo concetto, si è rivolto ad esperti del settore del web marketing passando così, in poco tempo, dall’essere all’essere trovato.
Come?
- Con un rifacimento del proprio sito internet capace di posizionarsi bene e autonomamente nei motori di ricerca come Google;
- Attuando delle campagne sponsorizzate (a pagamento), di web marketing (Google Adwords ad esempio) capaci di dare la risposta ad un bisogno nel momento stesso
in cui questo viene espresso: un ragazzo vuole stupire la sua dolce
metà e cerca su Google la frase “ristorante intimo romantico Roma centro“ e Google gli restituisce, tra i primi link, le pagine web di quei
ristoranti che hanno sostanzialmente pagato per quelle precise parole di
ricerca;
- Rafforzando il proprio “branding” sui cosiddetti “siti web riferimento”: ossia l’apparire su siti internet considerati “autorevoli” con un alto “valore comunicativo”, insomma pubblicizzare la propria attività in luoghi virtuali, molto ben giudicati, dal popolo della rete.
Ma poi … anche tutto questo ad un certo punto non è stato più sufficiente. Da quando?
Da quando la tecnologia ha permesso agli utenti della rete di condividere informazioni, contenuti, gusti e tendenze; da quando si è cominciato a chiacchierare, a spettegolare, a consigliare, a raccomandare, ad allertare; da quando il web si è trasformato in una vera ed enorme comunità sempre in crescita in cui tutti perennemente si muovono affermando il proprio io e mettendolo a disposizione degli altri, della collettività: da quando insomma il web da 1.0 è diventato 2.0, diventando sociale, il Social Web appunto.
Ed allora, non basta più il sito internet anche se ben realizzato e ben posizionato; non basta più la campagna sponsorizzata e non bastano più le recensioni sui siti autorevoli.
Ma attenzione: non sto dicendo che non servono, ma semplicemente che non bastano.
E non bastano perché il ristorante del tuo “concorrente 2.0″ ha aperto una pagina Facebook ed un canale Twitter grazie ai quali manda giornalmente comunicazioni ai propri amici – ed amici degli amici – e dai quali si fa giudicare e raccomandare, con una capacità di diffusione virale, incontrollabile, che si estende a macchia d’olio.
E non bastano perché il tuo “concorrente 2.0″ ha capito che, mentre con le campagne sponsorizzate su Google raggiungeva solo il bisogno di chi cercava un ristorante, con le campagne sponsorizzate su Facebook riesce a raggiungere anche chi non cerca in quel momento un ristorante, come? Facendogli semplicemente venire la voglia di andarci.
Ma soprattutto non bastano perché il tuo “concorrente 2.0″ ha fatto una grande scoperta: l’esistenza dei Social Media Turistici, ossia di quelle applicazioni per i dispositivi mobili (foursquare, Gowalla o Cibando ad esempio) basate sulla condivisione della propria posizione geografica con gli amici – o con chiunque altro - detta in termini specifici geolocalizzazione.
E qui arriviamo al punto focale. L’uomo, che in millenni di esistenza non è mai riuscito ad affrancarsi da bisogni primari quali sostanzialmente l’affermazione del proprio “io” e l’aggregazione con gli altri “io”, ama intimamente l’affermare:
“Io sono in questo posto e lo sono proprio in questo preciso istante”, “Io ho mangiato in questo ristorante, proprio oggi, proprio ora”, “Io vi consiglio questo ristorante perché…”.
E’ facile allora capire il grande successo di questi applicativi che gli mettono in mano, nel suo telefono, strumenti che in tempo reale gli danno la possibilità di lasciare la sua traccia, di valutare e condividere con gli altri la sua esperienza culinaria appena vissuta ed anche di accumulare prestigio. E … il gioco è fatto, ma è fatto per tutti, fruitori ed erogatori del servizio, clienti e ristoratori.
E poi, quante volte ci è capitato di arrivare in una città a noi sconosciuta e di chiedere al primo passante che ci ispirava più o meno fiducia, o al benzinaio o al barista: “scusi, non è che mi sa indicare un buon ristorante in zona?”
Ecco, abbiamo sempre preferito il parere di uno sconosciuto piuttosto che andare allo scoperto. E se ci fidavamo del primo benzinaio o barista che incontravamo, figuriamoci ora che abbiamo, grazie al nostro “mobile” e a portata di touch, non solo la possibilità di trovare subito un ristorante nella zona in cui ci troviamo, ma anche quella di esplorarlo virtualmente, di conoscerne il menu, le caratteristiche, addirittura lo chef, ma soprattutto la possibilità di sapere cosa ne pensa la community.
E se la community, “la mia community”, decreta che quello è un buon ristorante, beh … scusate, non ci penso due volte ed entro. Perché? Semplice: perché la “mia community” non può che essere sincera perché è fatta di persone che non si conoscono ma che sono capaci di creare, tutte insieme, una “tendenza” positiva o negativa che sia.
Alla luce di tutto ciò, torniamo da dove siamo partiti, da “Zio Peppe” il ristorante sotto casa mia: ebbene “Zio Peppe” si deve preoccupare del ristorante che gli ha aperto a due passi, o di quello che a 20 km di distanza si è aperto al Social Web?
Con questo non voglio affermare che “Zio Peppe” è un ristorante destinato a chiudere – non sia mai! – , ma dico che magari, anche se avrà sempre i suoi affezionati clienti, gli sarà molto difficile aumentare il proprio business in modo “virale” ed “esponenziale”. Dico che, in questi tempi di crisi, potrebbe cadere nella trappola di Groupon o similari, affidarsi a chi gli promette facili guadagni svendendo il proprio lavoro ed inevitabilmente abbassando la qualità del servizio (per chi vuole approfondire il discorso di Groupon consiglio la lettura di questo mio articolo); insomma dico che, con molta probabilità, potrà il suo business subire presto ed inevitabilmente il suo essere “anonimo” nel popolo della rete.
Ma d’altra parte, i romani “quelli antichi” e non certo quelli “2.0″, ci hanno insegnato che “Verba volant, scripta manent”, che la parola scritta è molto più autorevole ed importante di quella orale quantomeno perché rimane.
Insomma, caro “Zio Peppe”, e cari tutti i ristoratori che mi state leggendo: potreste essere rimasti spiazzati da quanto avete letto, potreste pensare che tutto ciò sia difficile da realizzare, complesso, a volte anche “pericoloso”; tranquillizzatevi perché la parte più difficile è proprio quella di prendere coscienza (e spero con il mio articolo di contribuire in tal senso) dell’esistenza di questo nuovo e potente modello di business al quale rivolgersi. Perché poi vedrete che, superata la diffidenza iniziale, saprete trovare le persone – professionisti del settore - ed i modi giusti per attuarlo.
E se ancora qualche perplessità vi rimarrà, beh pensate che in fondo anche gli antichi romani con il loro “scripta manent” avevano intuito l’importanza del “Mi Piace”!